La domanda di giustizia sorge dall'esperienza del torto subìto e chiede una risposta fattiva, che replichi - questo è il presupposto in prospettiva teorica - alla violazione del principio bonum faciendum, malum vitandum. Nel fare giustizia si ritrovano fin dall'antichità una pluralità di percorsi, che rispondono ad alcune figure concettuali classiche già teorizzate da Aristotele, come il "giusto distributivo" e il "giusto correttivo" e il "taglione" o "contrappasso". Quest'ultimo si configura tuttavia come un fare del male a chi ha fatto del male in una logica di specularità, generando così un curioso paradosso, ovvero l'idea di poter riaffermare il principio bonum faciendum, malum vitandum attraverso una sua deliberata violazione. È possibile, e se sì a quali condizioni, risolvere questa contraddizione morale? L'indagine esplora la questione ricorrendo alle principali concettualità implicate nel lessico della giustizia, riesaminandole alla ricerca di intuizioni e significati coerenti dal punto di vista sistematico e in grado di dialogare con i più recenti sviluppi nel campo delle pratiche riferibili al paradigma della Restorative Justice.